lunedì 29 agosto 2016

Recensione: Mistborn - L'Ultimo Impero


Brandon Sanderson
Chi mi conosce sa quanto apprezzi Brandon Sanderson, scrittore statunitense fedele principalmente al genere fantasy, con qualche sortita nello sci-fi. Mi soffermo rapidamente sullo stile dell'autore per non dover riprendere il discorso quando recensirò altri suoi libri. Oltre ad avere una forma semplice ed efficace – un tipo di scrittura che non grida al miracolo, ma sa farsi decisamente apprezzare – Sanderson ha la grande capacità di creare ambientazioni solide e dense di informazioni, che puntualmente rifila al lettore poco per volta. Già, perché è proprio questa la sensazione che si ha con i suoi romanzi: quella di essere di fronte a un grande e vasto mondo da scoprire senza fretta. Maestro nell'elaborare per filo e per segno le basi dell'innaturale nei propri universi (che si tratti di peculiari forme di magia o superpoteri), Sanderson non viene mai meno al patto narrativo col lettore e non infrange i limiti imposti dalla sua ambientazione. In pratica, fornisce al lettore – e a se stesso – delle regole precise e poi, abbastanza sorprendentemente in un ambito facile alle esagerazioni e ai deus ex machina, le rispetta: questo esempio non è fatto a caso, dato che lo stesso autore ha definito dei macro-dogmi nella costruzione di ambientazioni, personaggi e storie fantasy che si impone di seguire ad ogni nuova fatica letteraria (e che raccomanda anche agli altri aspiranti scrittori).
Questo preambolo necessario introduce perfettamente l'identità, il fulcro stesso di Mistborn – L'ultimo Impero. Primo libro di una saga che conta diversi romanzi (una prima trilogia, un racconto di raccordo e una seconda trilogia ancora in corso d'opera), è ritenuto dai più il miglior libro dell'autore e, benché io non abbia letto la sua intera produzione, posso immaginare si tratti di voci fondate.
Senza nulla togliere al resto delle sue fatiche, Mistborn – L'Ultimo Impero presenta tutte le caratteristiche che un lettore di fantasy accanito potrebbe desiderare: freschezza e originalità dell'ambientazione, personaggi credibili (e pregni di limiti, il che non guasta), una storia avvincente e un intreccio che non manca di stupire, grazie a qualche ottimo colpo di scena e a una sapiente regia. Non annoia e non stanca, due concetti che per me hanno un significato leggermente diverso: infatti, non solo non mi è mai successo di chiedermi se avesse senso continuare a leggere piuttosto che fare altro, ma neppure mi è mai capitato di dover posare il libro, per quanto ben fatto, per il bisogno di svagarmi altrimenti.

La trama è in realtà piuttosto semplice, nella sua ossatura: ci troviamo in una società distopica dove solo pochi hanno il potere, i Nobili e l'Imperatore su tutti, e moltissimi vivono in schiavitù, gli skaa (in effetti, si potrebbe ravvisare una critica al nostro mondo e i suoi sistemi, ma il parallelismo è un po' banale e probabilmente forzato...). Da qui prende le mosse un famoso fuorilegge, Kelsier, che è stato capace di spezzare le catene dell'oppressione e che ha deciso di mettere insieme una piccola organizzazione al fine di rovesciare l'impero “malvagio” e ridare la libertà ai suoi simili. In questo clima di ribellione viene a trovarsi coinvolta una ragazza, Vin, la protagonista del libro, che grazie alle sue capacità speciali riesce a farsi accettare nella banda del fuorilegge e a prendere parte a una guerra mai vista prima.
Premesse quasi banali, vero? Beh, non proprio, ma il sentore di già visto è certamente forte. Non ha importanza, però, perché l'originalità e la novità si trovano altrove. Non mi dilungherò a parlare del continuo della trama, che presenta un'appagante raccolta di indizi utili a eviscerare il sorprendente finale e che, alla stregua di un puzzle, trovano in conclusione la loro collocazione nell'insieme narrativo; né mi soffermerò ulteriormente sui personaggi, che guadagnano spessore nella loro costante crescita psicologica, là dove è possibile, o nella scoperta della loro reale natura.
È la stessa struttura fantasy a guadagnare la scena, piuttosto: i protagonisti e buona parte degli antagonisti sono infatti in grado di sfruttare un particolare tipo di alchimia, chiamata “Allomanzia”, che concede loro poteri peculiari, tra cui (ne cito solo alcuni) l'amplificazione dei sensi, l'incremento delle proprie capacità fisiche e una strana forma di magnetismo, tramite la quale i personaggi possono attirare a sé, o respingere, metalli e compiere balzi enormi. Queste forma di magia, più vicina all'ambito fumettistico che alla cultura fantasy tradizionale, è garantita dall'ingestione di piccole quantità di specifici metalli, poi consumati dall'allomante di turno tramite una sorta di mistica combustione interna.
Possedute in misura minore dai misting, che possono sfruttare un singolo tipo di potere, e in toto dai mistborn, individui che riescono invece a usare ogni tipo di metallo dalle proprietà accertate, queste abilità soprannaturali sono perfettamente regolamentate da Sanderson e fungono da fulcro centrale di tutta l'ambientazione.




Il mio consiglio è quello di immergervi nella lettura senza attendere oltre, perché Mistborn – L'Ultimo Impero sa colpire lì dove serve e lo fa con un ritmo incalzante e fresco, dosando perfettamente la quantità di azione, analisi psicologica, narrazione degli eventi e presentazione dell'ambientazione.
Un mosaico, o magari puzzle – per riprendere la metafora già inserita in precedenza – certamente ampliabile (non a caso si tratta dell'inizio di una saga), ma pienamente soddisfacente anche preso da solo.

Piccola nota finale per chi teme di impelagarsi in una serie di lunghe letture: sebbene il libro conti parecchie pagine (oltre le seicento, a seconda dell'edizione), è perfettamente fruibile anche senza completare la prima trilogia, salvo il piccolo scotto di non recuperare il background dietro alcuni dei misteri lasciati volutamente in sospeso – e approfonditi nei testi successivi.

2 commenti:

  1. D'accordo su tutta la linea! Come dicevi anche tu Sanderson è molto bravo a stendere la narrazione in modo tale da non annoiarti ma neanche sovraccaricarti di informazioni. In particolare in molti dei suoi libri (tra cui Mistborn e The Way of Kings) la storia inizia con una breve scena carica di azione e di elementi iconici del sistema di magia di turno (che poi spiega nel dettaglio nel corso di tutto il racconto). Per come la vedo io l'inizio è una sorta di demo per dimostrarti che vale la pena continuare. Vogliamo poi parlare dei finali?! Mai una conclusione scontata o in cui i conti non tornano! La cosa che apprezzo di più è che il tutto è sempre ben ingegnerizzato e creativo allo stesso tempo, bella Sanderson!

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    1. E io concordo a mia volta con la tua analisi! I finali sono effettivamente la ciliegina sulla torta, e che torta! Anche l'esempio delle demo è proprio azzeccato! Complimenti! ;)

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