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| Brandon Sanderson |
Chi mi
conosce sa quanto apprezzi Brandon Sanderson, scrittore
statunitense fedele principalmente al genere fantasy, con qualche
sortita nello sci-fi. Mi soffermo rapidamente sullo stile dell'autore
per non dover riprendere il discorso quando recensirò altri suoi
libri. Oltre ad avere una forma semplice ed efficace – un
tipo di scrittura che non grida al miracolo, ma sa farsi decisamente
apprezzare – Sanderson ha la grande capacità di creare
ambientazioni solide e dense di informazioni, che
puntualmente rifila al lettore poco per volta. Già, perché è
proprio questa la sensazione che si ha con i suoi romanzi: quella di
essere di fronte a un grande e vasto mondo da scoprire senza fretta.
Maestro nell'elaborare per filo e per segno le basi dell'innaturale
nei propri universi (che si tratti di peculiari forme di magia o
superpoteri), Sanderson non viene mai meno al patto narrativo col
lettore e non infrange i limiti imposti dalla sua ambientazione. In
pratica, fornisce al lettore – e a se stesso – delle regole
precise e poi, abbastanza sorprendentemente in un ambito facile
alle esagerazioni e ai deus ex machina, le rispetta: questo esempio
non è fatto a caso, dato che lo stesso autore ha definito dei
macro-dogmi nella costruzione di ambientazioni, personaggi e storie
fantasy che si impone di seguire ad ogni nuova fatica letteraria (e
che raccomanda anche agli altri aspiranti scrittori).
Questo
preambolo necessario introduce perfettamente l'identità, il fulcro
stesso di Mistborn – L'ultimo Impero. Primo libro di una
saga che conta diversi romanzi (una prima trilogia, un racconto di
raccordo e una seconda trilogia ancora in corso d'opera), è ritenuto
dai più il miglior libro dell'autore e, benché io non abbia letto
la sua intera produzione, posso immaginare si tratti di voci fondate.
Senza nulla
togliere al resto delle sue fatiche, Mistborn – L'Ultimo Impero
presenta tutte le caratteristiche che un lettore di fantasy accanito
potrebbe desiderare: freschezza e originalità dell'ambientazione,
personaggi credibili (e pregni di limiti, il che non guasta), una
storia avvincente e un intreccio che non manca di stupire, grazie a
qualche ottimo colpo di scena e a una sapiente regia. Non annoia
e non stanca, due concetti che per me hanno un significato
leggermente diverso: infatti, non solo non mi è mai successo di
chiedermi se avesse senso continuare a leggere piuttosto che fare
altro, ma neppure mi è mai capitato di dover posare il libro, per
quanto ben fatto, per il bisogno di svagarmi altrimenti.
La trama è
in realtà piuttosto semplice, nella sua ossatura: ci troviamo in una
società distopica dove solo pochi hanno il potere, i Nobili e
l'Imperatore su tutti, e moltissimi vivono in schiavitù, gli
skaa (in effetti, si potrebbe ravvisare una critica al nostro
mondo e i suoi sistemi, ma il parallelismo è un po' banale e
probabilmente forzato...). Da qui prende le mosse un famoso
fuorilegge, Kelsier, che è stato capace di spezzare le catene
dell'oppressione e che ha deciso di mettere insieme una piccola
organizzazione al fine di rovesciare l'impero “malvagio” e ridare
la libertà ai suoi simili. In questo clima di ribellione viene a
trovarsi coinvolta una ragazza, Vin, la protagonista del libro,
che grazie alle sue capacità speciali riesce a farsi accettare nella
banda del fuorilegge e a prendere parte a una guerra mai vista prima.
Premesse
quasi banali, vero? Beh, non proprio, ma il sentore di già visto è
certamente forte. Non ha importanza, però, perché l'originalità
e la novità si trovano altrove. Non mi dilungherò a parlare del
continuo della trama, che presenta un'appagante raccolta di indizi
utili a eviscerare il sorprendente finale e che, alla stregua di un
puzzle, trovano in conclusione la loro collocazione nell'insieme
narrativo; né mi soffermerò ulteriormente sui personaggi, che
guadagnano spessore nella loro costante crescita psicologica, là
dove è possibile, o nella scoperta della loro reale natura.
È
la stessa struttura fantasy a guadagnare la scena,
piuttosto: i protagonisti e buona parte degli antagonisti sono
infatti in grado di sfruttare un particolare tipo di alchimia,
chiamata “Allomanzia”, che concede loro poteri
peculiari, tra cui (ne cito solo alcuni) l'amplificazione dei sensi,
l'incremento delle proprie capacità fisiche e una strana forma di
magnetismo, tramite la quale i personaggi possono attirare a sé, o
respingere, metalli e compiere balzi enormi. Queste forma di magia,
più vicina all'ambito fumettistico che alla cultura fantasy
tradizionale, è garantita dall'ingestione di piccole quantità di
specifici metalli, poi consumati dall'allomante di turno tramite una
sorta di mistica combustione interna.
Possedute in
misura minore dai misting, che possono sfruttare un singolo tipo di
potere, e in toto dai mistborn, individui che riescono invece
a usare ogni tipo di metallo dalle proprietà accertate, queste
abilità soprannaturali sono perfettamente regolamentate da
Sanderson e fungono da fulcro centrale di tutta l'ambientazione.
Il mio
consiglio è quello di immergervi nella lettura senza attendere
oltre, perché Mistborn – L'Ultimo Impero sa colpire lì dove serve
e lo fa con un ritmo incalzante e fresco, dosando perfettamente la
quantità di azione, analisi psicologica, narrazione degli eventi e
presentazione dell'ambientazione.
Un
mosaico, o magari puzzle – per riprendere la metafora già
inserita in precedenza – certamente ampliabile (non a caso si
tratta dell'inizio di una saga), ma pienamente soddisfacente anche
preso da solo.
Piccola
nota finale per chi teme di impelagarsi in una serie di lunghe
letture: sebbene il libro conti parecchie pagine (oltre le seicento,
a seconda dell'edizione), è perfettamente fruibile anche senza
completare la prima trilogia, salvo il piccolo scotto di non
recuperare il background dietro alcuni dei misteri lasciati
volutamente in sospeso – e approfonditi nei testi successivi.

D'accordo su tutta la linea! Come dicevi anche tu Sanderson è molto bravo a stendere la narrazione in modo tale da non annoiarti ma neanche sovraccaricarti di informazioni. In particolare in molti dei suoi libri (tra cui Mistborn e The Way of Kings) la storia inizia con una breve scena carica di azione e di elementi iconici del sistema di magia di turno (che poi spiega nel dettaglio nel corso di tutto il racconto). Per come la vedo io l'inizio è una sorta di demo per dimostrarti che vale la pena continuare. Vogliamo poi parlare dei finali?! Mai una conclusione scontata o in cui i conti non tornano! La cosa che apprezzo di più è che il tutto è sempre ben ingegnerizzato e creativo allo stesso tempo, bella Sanderson!
RispondiEliminaE io concordo a mia volta con la tua analisi! I finali sono effettivamente la ciliegina sulla torta, e che torta! Anche l'esempio delle demo è proprio azzeccato! Complimenti! ;)
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