Dopo mesi di ricerca spesi invano - che si sarebbero potuti accorciare sensibilmente, se solo fossi ricorso a ditte come Amazon (ma poi dove finisce il piacere della scoperta?) - avevo quasi rinunciato all'idea di mettere le mani sui due libri in foto, ovvero "Il Cammino Jedi" e "Il Codice Sith". Poi, come per magia, una nuova edizione datata 2015 ha permesso alle librerie di rifornirsi di entrambi i titoli (in quantità industriali, aggiungerei, date le pile all'ingresso della mia preferita).
<<Incredibile! Miracolo!>> potrei dire, se non fossi ben conscio del reale motivo della loro ricomparsa: l'imminente arrivo del nuovo capitolo della saga di Star Wars nelle sale dei cinema. Una semplice opera di merchandising, certo, ma francamente sono contento dei suoi effetti collaterali se significa poter usufruire anche di più o meno vecchi prodotti altrimenti difficili da reperire.
Ora, i due testi in esame sono particolarmente ben confezionati, come chi ha avuto il piacere di sfogliarli saprà bene, ma non raccontano vere e proprie storie. Diciamo, piuttosto, che offrono una sorta di compendio sfizioso che fornisce informazioni nuove sull'elemento più caratteristico della saga fantascientifica in oggetto: la Via della Forza e gli ordini che la praticano, nella declinazione Jedi e in quella della loro controparte Sith.
Non ho intenzione di fare qui una recensione dei due testi, che credo mi verrebbe piuttosto stringata, ma certo voglio cogliere la palla al balzo per poter riflettere con voi circa un fenomeno assai sviluppato, ovvero la scrittura di romanzi su licenza.
Che cosa intendo? Semplice: libri in cui l'autore, quasi sempre su commissione, descrive vicende appartenenti ad ambientazioni proprie di uno specifico brand, un marchio riconoscibile e già famoso. Spesso le storie raccontate non si limitano a riproporre per iscritto la trama di un film o di un videogame, ma ne ampliano i confini aggiungendo nuovi episodi, narrando vicende fino a quel momento ignorate e addirittura, in certi casi, proponendo veri e propri prequel e sequel che entrano di diritto nella continuity (la linea temporale che fa da background e filo conduttore dei prodotti madre).
Il fenomeno non è poi così assurdo, se si pensa come anche la musica partecipi a tutti gli effetti alla creazione di elementi iconici di un dato titolo, come fanno di fatto le colonne sonore.
Chi non si mette sull'attenti al suono della "Marcia Imperiale" mi avrà deluso per l'ultima volta!
«Ovvio,» direte voi «se è per questo ci fanno anche giocattoli e spillette, se un film è di successo!»
Verissimo, ma il discorso che voglio fare è un po' diverso. Non parlo del bisogno di sfruttare appieno un brand, ma del particolare fenomeno che vede l'ampliamento delle sue ambientazioni tramite l'uso di canali diversi e di analizzarne la bontà.
So che non si tratta di uno scambio a senso unico e che oggigiorno è ben possibile vedere fumetti tramutati in film, videogames in fumetti e via di seguito: un insieme di offerte davvero ampissimo, ma i libri come quelli di Star Wars, tratti da una saga cinematrografica storica e campione d'incassi, in quale prospettiva si collocano rispetto al mondo da cui sono generati? Sono tasselli superflui o nuovi pilastri da cui partire? Produzioni che arricchiscono o trascurabili lavoretti privi di spunti utili e/o originali?
La domanda è sincera, stavolta (e i vostri pareri sono ben voluti nei commenti). Naturalmente, immagino che ogni caso vada preso e analizzato a sé, ma in passato non ho mancato di sentire critiche accese verso i romanzi su licenza, in particolare verso quelli di questa saga.
Si tratta, però, di una produzione troppo vasta per liquidarla con tanta facilità... senza contare che ho anche amici e conoscenti che hanno invece espresso pareri positivi verso queste pubblicazioni. Io, dalla mia, rimango incuriosito da questo fenomeno - e non mancherò di ampliare presto la mia conoscenza in merito - ma, basandomi su quel poco che ho potuto vedere per altri brand, sono sempre più convinto che si tratti di un'ottima cosa: in fin dei conti, poter esplorare ancora universi altrimenti confinati in pochi giri di pellicola è una pratica che serba dentro sé potenzialità enormi e che quindi, pur rischiando di fallire, ritengo vada comunque incoraggiata.
Si potrebbe dire molto altro, ma mi fermo qua e lancio la palla a voi lettori. Fatemi sapere la vostra!
Blaze

Personalmente rimango dell'idea che i prodotti "di fiction" (libri, film, fumetti..., non l'oggettistica varia tipo i gadget, ovviamente) relativi ad un'opera o, come in questo caso, ad un universo, debbano restare esclusiva dell'autore.
RispondiEliminaPerò, dato che in questo caso è l'autore stesso ad aver concesso che il suo universo venga usato per altre opere, non sono certo io che posso oppormi. Ed è senza dubbio meglio che nel caso in cui ciò venga fatto senza il permesso ufficiale per il semplice fatto che i diritti sono scaduti (tipo con Sherlock Holmes, il primo caso che mi viene in mente).
Certamente l'autore, concedendo questa possibilità, si accolla un certo rischio, perché i prodotti che possono uscirne non necessariamente saranno buoni. Ovviamente chiunque non sia uno sprovveduto sa benissimo quali sono i prodotti dell'autore e quali quelli di altri figuri, ma comunque questi ultimi rimangono almeno un po' legati all'immagine che l'opera originale dà di sé.
Di Star Wars ho visto solo i film originali, i 6 delle prime due trilogie e un paio di spin-off, quindi non saprei giudicare la qualità di altri sfruttamenti di questo universo. Immagino che, come sempre, ce ne siano di buoni e di mediocri, ma personalmente continuerò a ritenerli dei divertissement e poco altro, almeno finché qualcuno di essi non venga utilizzato in un qualche film ufficiale.
Intanto grazie davvero dell'ottimo commento! In seconda battuta, il tuo punto di vista è condivisibile ed è proprio ciò in cui speravo, dato che mi schiero dall'altra parte della barricata. Comunque, se l'autore dà il permesso, in realtà, non sempre significa che sia davvero d'accordo: pressioni di vario genere possono intervenire sulla decisione, senza contare che spesso l'ideatore di un universo non coincide con il possessore dei diritti e, benché messo a capo del progetto o tenuto in gran conto, risulta solo un altro dei professionisti ingaggiati (pensa a quanti universi fortunati esistono nati da una sceneggiatura fumettistica o cinematografica. Due esempi su tutti: un qualunque personaggio Marvel e Pirati dei Caraibi). Tuttavia, anche in tal caso, forse si tratta lo stesso di una fortuna, dal mio punto di vista. Certamente, come dici tu, entra in gioco il discernimento del fruitore: io, da fan, ho il dovere morale di cogliere ciò che di buono c'è in un'ambientazione ipertrofica. D'altro canto, questa operazione richiede tempo, perché occorre leggersi (o guardare, o giocare) anche gli elementi trascurabili o peggio ancora scadenti, ma è uno sforzo che spesso ci viene semplificato grazie a internet, dove altri fan più incalliti - o semplicemente con più tempo libero - esprimono i loro pareri e spesso forniscono recensioni e guide per chi voglia ampliare la propria conoscenza in materia. Quanto ai casi come Sherlock Holmes, è vero che lo sfruttamento procede indiscriminato per la scadenza dei diritti, ma anche in questo caso c'è di buono che il suo universo non finirà mai per essere non dico dimenticato, ma messo in disparte. Certi lavori, poi, come la serie "Sherlock" o i film con Robert Downey Jr. - che possono piacere come no - hanno il duplice effetto di rinnovare immagini, idee e testi, attualizzandoli (con conseguente avvicinamento di una nuova generazione). Questo porta una nuova spinta al genere stesso, spingendo altri ad interessarsi del prodotto, permettendo agli originali di essere riscoperti e, se si è fortunati, di vedere altre valide espansioni di quell'ambientazione.
RispondiEliminaPer finire, ringraziandoti di nuovo per il tuo parere, aggiungo però che il mio discorso cambia completamente per le opere ritenute "finite" o ancora sotto il vigile controllo dell'autore (avente i diritti), che potrebbe continuarle. Le prime non necessitano di altro e non dovrebbero essere toccate, come ad esempio nel caso del Signore degli Anelli, il cui universo è ampliabile (ed è stato ampliato) con altre storie, ma la cui opera principale deve essere lasciata intonsa (e gli eventuali sequel che nel futuro potrebbero venir fuori dovrebbero stare molto attenti a non intaccare quanto già raccontato, col rischio di essere bollati come robaccia prima ancora di poter dire la loro); le seconde, invece, devono seguire la volontà dell'autore per il semplice fatto che se egli decidesse di riprenderle in mano, avrebbe a disposizione un universo familiare e plasmabile secondo un proprio schema originale. Ad ogni modo, dubito che non si darebbe il permesso di far vivere la propria opera per mano di altri - posto che a impedire di farlo personalmente ci sia una nostra precisa volontà. Per quanto mi riguarda, sarebbe bello vedere una mia creazione camminare con le proprie gambe. Si potrebbe chiamare in causa il problema economico - e sono d'accordo con il compensare sempre e comunque l'autore - ma per quello dovrebbero esserci le royalty. Esistono ahimé casi di opere "rubate" al genio iniziale di chi le ha create, ma in questi casi non mi esprimo, perché è ovvio a chi vada la mia simpatia e il mio appoggio.