lunedì 19 settembre 2016

BlogScreen: Alla ricerca di Dory - Finding Dory




Chi ha visto “Alla ricerca di Nemo”? Tutti? Bene, perché senza il primo della saga, “Alla ricerca di Dory” può essere goduto solo a metà.
No, va bene, ho esagerato: guardare il secondo da solo è possibilissimo, ma decisamente sconsigliabile data la mole di riferimenti e il background (per quel che serve) dei personaggi.
Detto questo, quello che abbiamo di fronte non è certo un capolavoro, ma rimane un buon film.
L'azione ben dosata, le battute abbastanza divertenti (e, per fortuna, non esaurite nei vari trailer) e l'ambientazione marina conferiscono al titolo la stessa verve del suo avo – perché ormai sono passati tredici anni – senza però snaturare troppo l'idea alla base della serie. Ma poi, con solo due film si potrà parlare di serie?

Certo, essendo un lungometraggio animato, molti elementi che normalmente farebbero storcere il naso godono in questo caso di un salvacondotto speciale che permette loro di passare inosservati. Azioni al limite del rocambolesco, sopra le righe, persino contro la logica (e la fisica) diventano perfettamente accettabili, ammantate nel dolce abbraccio di una doppia sospensione dell'incredulità: quella premessa all'ambientazione stessa e una posta più a monte, in qualità di opera digitale destinata a un pubblico giovane.
Questo però non significa che certe scene non appaiano del tutto assurde (qualunque riferimento a una certa sequenza sul finale del film è puramente casuale...), persino agli occhi di chi ha già accettato di trovarsi di fronte a un'opera tra le più frivole (e ben realizzate) della Disney.

Sul lato tecnico posso dire ben poco, non essendo un esperto: i modelli dei vari personaggi e degli ambienti sono resi ottimamente, come sempre, e catturano completamente lo spettatore. Certi scenari, poi, sono un tripudio di colori e dettagli. Anche regia e sceneggiatura reggono benissimo il confronto col vecchio capitolo, riuscendo a proporre una storia dai presupposti già visti in una salsa abbastanza nuova.
La morale di fondo rivisita ancora una volta le dinamiche parentali, ma si tratta solo di un pretesto per “sprofondare” in altre disamine: in particolare, spiccano il bisogno di comprensione verso i meno fortunati e il superamento dei propri limiti naturali o auto-imposti.

Unica pecca veramente negativa, al di là dello schema narrativo ridondante e della leggerezza dei contenuti (ma poi, si può parlare davvero di negatività, qui?), è forse la mancanza di una colonna sonora capace di emozionare come il precedente capitolo. A me, quantomeno, è rimasto in testa solo il theme del vecchio “Finding Nemo”, ri-arrangiato per l'occasione.
I personaggi secondari, occorre specificarlo, risultano meno affascinanti delle comparse che animavano la trama del primo capitolo, eppure conservano una loro personalità e risultano comunque comici. Nulla di eccezionale (di certo non sono il trio degli squali o i pesci dell'acquario che avevano accompagnato Marlin e Nemo precedentemente), ma al “senza lode” va premesso il “senza infamia”.

In definitiva, ci troviamo di fronte a un sequel ottimamente confezionato, fruibile da grandi e piccini quasi allo stesso modo – come tipico dei prodotti targati Disney – e capace di restituire, oltre a qualche risata, un po' del fascino di quel mare digitale che tredici anni or sono ci aveva rapiti.

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