Chi ha visto
“Alla ricerca di Nemo”? Tutti? Bene, perché senza il primo della
saga, “Alla ricerca di Dory” può essere goduto solo a
metà.
No, va bene,
ho esagerato: guardare il secondo da solo è possibilissimo, ma
decisamente sconsigliabile data la mole di riferimenti e il
background (per quel che serve) dei personaggi.
Detto
questo, quello che abbiamo di fronte non è certo un capolavoro, ma
rimane un buon film.
L'azione ben
dosata, le battute abbastanza divertenti (e, per fortuna, non
esaurite nei vari trailer) e l'ambientazione marina conferiscono al
titolo la stessa verve del suo avo – perché ormai sono passati
tredici anni – senza però snaturare troppo l'idea alla base della
serie. Ma poi, con solo due film si potrà parlare di serie?
Certo,
essendo un lungometraggio animato, molti elementi che
normalmente farebbero storcere il naso godono in questo caso di un
salvacondotto speciale che permette loro di passare inosservati.
Azioni al limite del rocambolesco, sopra le righe, persino contro la
logica (e la fisica) diventano perfettamente accettabili, ammantate
nel dolce abbraccio di una doppia sospensione dell'incredulità:
quella premessa all'ambientazione stessa e una posta più a monte, in
qualità di opera digitale destinata a un pubblico giovane.
Questo però
non significa che certe scene non appaiano del tutto assurde
(qualunque riferimento a una certa sequenza sul finale del film è
puramente casuale...), persino agli occhi di chi ha già accettato di
trovarsi di fronte a un'opera tra le più frivole (e ben realizzate)
della Disney.
Sul lato
tecnico posso dire ben poco, non essendo un esperto: i modelli dei
vari personaggi e degli ambienti sono resi ottimamente, come sempre,
e catturano completamente lo spettatore. Certi scenari, poi, sono un
tripudio di colori e dettagli. Anche regia e sceneggiatura
reggono benissimo il confronto col vecchio capitolo, riuscendo a
proporre una storia dai presupposti già visti in una salsa
abbastanza nuova.
La morale di
fondo rivisita ancora una volta le dinamiche parentali, ma si tratta
solo di un pretesto per “sprofondare” in altre disamine: in
particolare, spiccano il bisogno di comprensione verso i meno
fortunati e il superamento dei propri limiti naturali o
auto-imposti.
Unica pecca
veramente negativa, al di là dello schema narrativo ridondante e
della leggerezza dei contenuti (ma poi, si può parlare davvero di
negatività, qui?), è forse la mancanza di una colonna sonora capace
di emozionare come il precedente capitolo. A me, quantomeno, è
rimasto in testa solo il theme del vecchio “Finding Nemo”,
ri-arrangiato per l'occasione.
I personaggi
secondari, occorre specificarlo, risultano meno affascinanti
delle comparse che animavano la trama del primo capitolo, eppure
conservano una loro personalità e risultano comunque comici. Nulla
di eccezionale (di certo non sono il trio degli squali o i pesci
dell'acquario che avevano accompagnato Marlin e Nemo
precedentemente), ma al “senza lode” va premesso il “senza
infamia”.
In
definitiva, ci troviamo di fronte a un sequel ottimamente
confezionato, fruibile da grandi e piccini quasi allo stesso modo
– come tipico dei prodotti targati Disney – e capace di
restituire, oltre a qualche risata, un po' del fascino di quel mare
digitale che tredici anni or sono ci aveva rapiti.
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