Proprio
mentre mi accingevo a scrivere la recensione di questo libro, una
riflessione mi ha colto all'improvviso: cosa serve a un'idea per
essere ritenuta originale e quando invece finisce per essere
associata a un Déjà vu?
Un
pensiero ha tirato l'altro e ne è venuto fuori un post per il blog
(per gli interessati, qui ->
http://imondiinpiu.blogspot.it/2016/09/lessenza-di-una-buona-idea.html
), ma la risposta a queste domande potrebbe essere racchiusa proprio
in Steelheart.
Il libro in
questione è una delle tante produzioni di Brandon Sanderson
(di cui in futuro parlerò più diffusamente, forse, ma che ho già
citato nell'analizzare un altro suo romanzo proprio su queste
pagine). In realtà, è immediatamente visibile a chiunque che non si
tratta del suo miglior lavoro, né di quello più ragionato, studiato
e preparato. Che poi, dire una cosa simile di uno scrittore che dà
addirittura delle lezioni su come creare al meglio le proprie
ambientazioni è un po' una bestemmia, ma lasciamo perdere.
Steelheart,
primo libro della saga The Reckoners, è un romanzo
dall'impostazione semplice e dalla trama piuttosto lineare: la
comparsa in cielo di quella che sembra una stella rossa – ma che è,
più probabilmente, qualcos'altro di non meglio identificato –
coincide con la manifestazione di superpoteri da parte di alcune
persone in giro per il nostro mondo. Questi individui, dotati
ciascuno di abilità proprie e peculiari (sparare raggi dalle mani,
prevedere il pericolo, manipolare l'elettricità e via andare),
superano ogni umana concezione e, benché non siano tutti potenti
allo stesso modo, lo sono senz'altro più dei loro simili “normali”.
Per timore reverenziale, paura e rispetto, vengono chiamati Epici.
La novità
getta tutti gli stati nel caos, dato che i superumani
sembrano essere tutti dei supercattivi, più che supereroi.
Nel giro di pochi anni, ogni sistema politico e civile è stato
ribaltato o soggiogato dagli Epici più potenti e il mondo è diviso
fra i loro domini, dove i normali esseri umani sono costretti a
vivere in povertà e, talvolta, schiavitù.
Steelheart,
il super-antagonista ispirato in modo piuttosto plateale a Superman,
è fra i più forti e terribili esemplari di questa nuova specie e
domina col pugno di ferro sulla città di Newcago (ovviamente, la
ex-Chicago), dove però agiscono anche alcuni sovversivi che si sono
ribellati al suo dominio e che altro non vogliono se non eliminare
quanti più Epici possibili.
Il
protagonista, David, che ammira queste persone, vuole a sua volta
vendetta verso quei mostri, in particolare verso Steelheart stesso,
che ha ucciso suo padre. Uccidere l'unico Epico che non può essere
ferito sembra follia, eppure un barlume di speranza c'è. David,
infatti, è l'unico che abbia mai visto quel mostro sanguinare...
Bene, come
ovvio che sia, l'ispirazione fumettistica è dichiarata e
piuttosto evidente.
A farne un
libro originale non sono l'ambientazione supereroistica ribaltata
(superantagonistica, quindi?) né la peculiare visione di un mondo
post-apocalittico.
Persino la
storia narrata non brilla per novità, se scomposta nei suoi elementi
base, e non occorre cercare lontano. Proprio il “Mistborn” dello
stesso Sanderson viene riproposto in una salsa leggermente diversa,
ma dai fondamenti riconoscibilissimi: un sovrano tirannico e
apparentemente invincibile, un gruppo di nemici secondari altrettanto
mostruosi e un manipoli di ribelli che vedono nascere grazie al
protagonista una nuova speranza.
Certo, il
paragone fila, ma non si può ridurre ai minimi una narrazione che
vive della ricchezza dei suoi elementi costitutivi. A banalizzare,
non riusciremmo mai a scorgerne la forte personalità. E poi,
molte storie si assomigliano fra loro, almeno nell'ossatura: se ci
pensate, Mistborn stesso ricalca i presupposti e le vicende del primo
Star Wars, a grandi linea. Persino i grandi classici possono venire
sminuiti, se li approcciamo in modo troppo superficiale.
L'originalità
dove risiede, allora? La troviamo altrove, ovvero nel modo in cui
questi elementi sono arrangiati fra loro e presentati al lettore,
pezzo per pezzo, senza mai perdere di credibilità. Anche la capacità
di rendere verosimile non solo ciò che accade, ma anche ciò che fa
da contesto all'intera storia (ovviamente, col supporto della
sospensione dell'incredulità) diviene una marca inconfondibile di
questo romanzo, un pregio che lo trasforma in qualcosa di più di una
semplice avventura per ragazzi.
E i
dettagli? Steelheart ne è costellato e, come sempre, Brandon
Sanderson è un maestro nel nasconderli senza renderli trascurabili.
Le dinamiche stesse alla base della sua ambientazione hanno il sapore
di novità, o per meglio dire, si sposano e amalgamano bene agli
eventi narrati e ai personaggi presentati. Ogni Epico, infatti, è
dotato di un punto debole, tramite il quale è possibile
annullare i suoi poteri e, quindi, ucciderlo più facilmente. Proprio
la ricerca di questi talloni d'Achille e le elucubrazioni ad essi
legati aggiungono a questa storia frenetica le giuste quantità di
mistero e investigazione, un mix che rende la lettura sempre
interessante e mai stancante, pur senza snaturarne il genere
“avventuroso”.
Steelheart
non manca di qualche difetto, ovviamente: alcuni poteri sono
poco sensati (spesso quelli legati a macchiette); non tutti i
personaggi hanno il fascino dei principali protagonisti della
vicenda, buoni o malvagi che siano, e risentono del confronto; non
tutto è tracciato con la stessa dovizia di particolari e
l'immedesimazione si scontra con qualche calo di tensione qua e là.
Eventi sporadici, a dire il vero.
Onestamente,
credo che Steelheart valga ben una lettura: è un romanzo vivace,
leggero forse, ma piacevole e intrigante. Magari non assurge
all'Olimpo della narrativa per ragazzi (dove si siede comodamente
Mistborn, per contro), ma di certo si presenta come un ottimo
candidato.
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