Stavo per
scrivere la recensione di un libro quando, nell'affrontarne i
contenuti, la riflessione si è spostata su argomenti più generali,
su quelli che, nella stesura del testo narrativo, potremmo chiamare i
massimi sistemi.
Avverto
subito che ciò che seguirà, benché abbia un suo filo conduttore e
sia tutto sommato un testo breve, è l'espressione di un ragionamento
arzigogolato e, forse, un pochino ermetico per chi non avesse gli
strumenti (o la voglia, o ancora meglio la follia, che è molto meno
presuntuoso) per seguire del tutto il discorso.
Ora, al di
là delle premesse, in realtà il concetto è piuttosto semplice: le
idee originali, quelle buone, sono rare. Molto rare. La
maggior parte delle storie di successo fanno leva su eventi,
questioni, particolarità e caratteristiche già viste,
riconoscibili.
Il punto è:
anche senza inventare una serie di elementi nuovi – oppure, senza
scoprirne di mai visti prima – è possibile definire cosa renda
l'idea alla base di una storia o di un'ambientazione una buona
idea? Come fa un romanzo (o fumetto, o film, o scegliete voi il
mezzo di trasmissione che preferite) a risultare originale anche
senza offrire, nei suoi elementi costitutivi, qualcosa di inedito?
Io credo che
tutto stia nell'arrangiamento di quegli elementi costitutivi,
al modo in cui li si assembla. Quella è, a conti fatti, l'essenza
dell'idea e la sua punta di originalità.
Molti autori
di narrativa (ancora una volta, non mi riferisco al singolo mezzo
cartaceo) riescono a produrre ambientazioni e storie, persino
personaggi se proprio eccellono (perché “nessun personaggio è
uguale a un altro e tutti si assomigliano”)
che non sanno di già visto, che sembrano davvero unici e
particolari. I dettagli, solitamente, lasciano quest'impronta
digitale, questa marca di riconoscimento, ancor più che la struttura
stessa della realtà trasmessa. Tuttavia, a ben pensarci, quella
realtà sarebbe scomponibile: gli elementi contenuti in essa possono
essere divisi e suddivisi in base alle loro caratteristiche, al loro
utilizzo per lo svisceramento della fabula, per l'ingarbugliarsi
dell'intreccio, per il loro amalgama.
Eppure,
appaiono originali, vivaci, vividi. Talvolta, quando sono davvero
dosati con sapienza o con una talentuosa istintività, questi
elementi disegnano mondi, personaggi e storie così peculiari, così
riconoscibili, così identificabili e facili all'immedesimazione che
si può parlare di “prodotto originale”.
Perché il
più delle volte, a mio parere, l'idea originale – originale e
buona – trova la sua realizzazione proprio in questa perfetta
mescolanza: nell'unione e nella disposizione dei suoi componenti
basilari. Come l'immagine di un demiurgo che plasma la materia
partendo dagli atomi e le dona forme ed essenze particolari, così un
autore – che a questo punto potremmo anche chiamare artista
– definisce il suo mondo con pochi tratti primordiali, arricchiti
poi da altri di contorno che, amalgamati, fanno dell'ossatura e del
rivestimento della propria invenzione un insieme finito e fruibile.
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