mercoledì 14 settembre 2016

L'essenza di una buona idea

Stavo per scrivere la recensione di un libro quando, nell'affrontarne i contenuti, la riflessione si è spostata su argomenti più generali, su quelli che, nella stesura del testo narrativo, potremmo chiamare i massimi sistemi.
Avverto subito che ciò che seguirà, benché abbia un suo filo conduttore e sia tutto sommato un testo breve, è l'espressione di un ragionamento arzigogolato e, forse, un pochino ermetico per chi non avesse gli strumenti (o la voglia, o ancora meglio la follia, che è molto meno presuntuoso) per seguire del tutto il discorso.

Ora, al di là delle premesse, in realtà il concetto è piuttosto semplice: le idee originali, quelle buone, sono rare. Molto rare. La maggior parte delle storie di successo fanno leva su eventi, questioni, particolarità e caratteristiche già viste, riconoscibili.
Il punto è: anche senza inventare una serie di elementi nuovi – oppure, senza scoprirne di mai visti prima – è possibile definire cosa renda l'idea alla base di una storia o di un'ambientazione una buona idea? Come fa un romanzo (o fumetto, o film, o scegliete voi il mezzo di trasmissione che preferite) a risultare originale anche senza offrire, nei suoi elementi costitutivi, qualcosa di inedito?
Io credo che tutto stia nell'arrangiamento di quegli elementi costitutivi, al modo in cui li si assembla. Quella è, a conti fatti, l'essenza dell'idea e la sua punta di originalità.
Molti autori di narrativa (ancora una volta, non mi riferisco al singolo mezzo cartaceo) riescono a produrre ambientazioni e storie, persino personaggi se proprio eccellono (perché “nessun personaggio è uguale a un altro e tutti si assomigliano) che non sanno di già visto, che sembrano davvero unici e particolari. I dettagli, solitamente, lasciano quest'impronta digitale, questa marca di riconoscimento, ancor più che la struttura stessa della realtà trasmessa. Tuttavia, a ben pensarci, quella realtà sarebbe scomponibile: gli elementi contenuti in essa possono essere divisi e suddivisi in base alle loro caratteristiche, al loro utilizzo per lo svisceramento della fabula, per l'ingarbugliarsi dell'intreccio, per il loro amalgama.
Eppure, appaiono originali, vivaci, vividi. Talvolta, quando sono davvero dosati con sapienza o con una talentuosa istintività, questi elementi disegnano mondi, personaggi e storie così peculiari, così riconoscibili, così identificabili e facili all'immedesimazione che si può parlare di “prodotto originale”.
Perché il più delle volte, a mio parere, l'idea originale – originale e buona – trova la sua realizzazione proprio in questa perfetta mescolanza: nell'unione e nella disposizione dei suoi componenti basilari. Come l'immagine di un demiurgo che plasma la materia partendo dagli atomi e le dona forme ed essenze particolari, così un autore – che a questo punto potremmo anche chiamare artista – definisce il suo mondo con pochi tratti primordiali, arricchiti poi da altri di contorno che, amalgamati, fanno dell'ossatura e del rivestimento della propria invenzione un insieme finito e fruibile.

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