Dati gli apprezzamenti ricevuti sui "social", ripropongo questa mia riflessione sul Blog, nella speranza possa piacere a un pubblico più vasto:
Al di là dell'uso indiscriminato che si fa della
punteggiatura e, in particolare, dei punti di sospensione (ahimé,
quanti discorsi spezzati ingiustificatamente a metà...), ho visto
molti supereroi del testo scritto - presunti tali o veri redentori,
non fa differenza - gettarsi a spada tratta nel conflitto sempre
agguerrito e vivace della correttezza della lingua italiana. Costoro,
armati di ottima favella, si sono battuti strenuamente per
ristabilire la non trascurabile importanza del punto e virgola;
altri, ancora, hanno duellato in bilico tra l'intensità effettiva
del punto esclamativo - addirittura! - e la sfumatura implicita del
chissà e del punto interrogativo - come di certo vi sarà capitato
di vedere, no?
Tuttavia, se indicare, con la dovuta accuratezza, le pause dettate dalla virgola o l'effetto visivo restituito da interlinee più o meno abbondanti è ormai quasi da considerare un virtuosismo stilistico o persino una questione di soggettività; e se iniziare una frase con una congiunzione in evidenza, prorompente nel suo principiare il periodo, è una tecnica non già banalizzata, ma fatta smontare dal piedistallo della licenza letteraria che un tempo era concessa solamente ai più autorevoli scrittori; e se, infine, disseminare di incisi, virgolette, "trattini" e riflessioni articolate i propri testi è divenuta una pratica frequente nell'era in cui un pensiero cambia nome in post, l'errore grammaticale è solo un refuso, quello sintattico una distrazione e quello ortografico un pasticcio della composizione guidata delle parole; io, che supereroe non sono, oggi rivendico l'importanza del punto. Già, il punto: non due, che pure servono, ma uno. Quello semplice, l'elemento che nella sua incisività, nell'ineluttabilità della sua pausa, pone ordine nello scritto e, così facendo, disciplina la lettura.
Anzi, con la stessa forza di un avverbio o di una congiunzione avversativa, ritratto e aggiungo: ad essere rivendicato, qua, è lo spazio e il tempo dello scritto, la sua forma, la sua struttura e la sua efficacia.
Una riga vuota ha il suo peso, una riflessione isolata
un'implicita valenza, ogni punteggiatura il suo ritmo. Ogni parola,
poi - e più di tutto - ha un valore proprio e inequivocabile.Tuttavia, se indicare, con la dovuta accuratezza, le pause dettate dalla virgola o l'effetto visivo restituito da interlinee più o meno abbondanti è ormai quasi da considerare un virtuosismo stilistico o persino una questione di soggettività; e se iniziare una frase con una congiunzione in evidenza, prorompente nel suo principiare il periodo, è una tecnica non già banalizzata, ma fatta smontare dal piedistallo della licenza letteraria che un tempo era concessa solamente ai più autorevoli scrittori; e se, infine, disseminare di incisi, virgolette, "trattini" e riflessioni articolate i propri testi è divenuta una pratica frequente nell'era in cui un pensiero cambia nome in post, l'errore grammaticale è solo un refuso, quello sintattico una distrazione e quello ortografico un pasticcio della composizione guidata delle parole; io, che supereroe non sono, oggi rivendico l'importanza del punto. Già, il punto: non due, che pure servono, ma uno. Quello semplice, l'elemento che nella sua incisività, nell'ineluttabilità della sua pausa, pone ordine nello scritto e, così facendo, disciplina la lettura.
Anzi, con la stessa forza di un avverbio o di una congiunzione avversativa, ritratto e aggiungo: ad essere rivendicato, qua, è lo spazio e il tempo dello scritto, la sua forma, la sua struttura e la sua efficacia.
Siate cortesi: non riempite i vostri discorsi di puntini e artifici stilistici senza un vero motivo. Non commettete i miei errori (come le ripetizioni di questo esempio, ad esempio, per quanto il significato veicolato sia diverso)!
Quando stanchiamo la lettura, il messaggio, per quanto forte o importante, non passa più.