Avevo intenzione di
scrivere un post prima di Natale che mi permettesse di fare qualcosa di più che
gli auguri per le festività (che fossero sentite o semplicemente
“vacanziere”, indifferentemente).
Incredibilmente,
l'ispirazione per una delle mie riflessioni stavolta è giunta grazie
a Google, o meglio, al Doodle di oggi.
Certamente sarà
noto ai più, ma per sicurezza chiarirò che il “Doodle” altro
non è che il logo di Google, modificato in base a ricorrenze
particolari per celebrare eventi o nascite: spesso queste immagini
sono interattive e, con un semplice click del proprio mouse, mostrano
filmati, animazioni variegate, oppure permettono di prendere parte a
brevi giochi virtuali, come il rompicapo proposto proprio in questa
giornata per commemorare il 245° anniversario della nascita di
Ludwig van Beethoven.
Gli indovinelli sono
semplici: un Beethoven caricaturizzato si avvia in tutta fretta verso
il luogo in cui dirigerà il suo concerto, ma durante il viaggio il
suo spartito viene stracciato o disperso per ben quattro volte. A noi
il compito di rimettere assieme le pagine, indovinando l'esatta
sequenza di note (per essere reso accessibile a tutti, i singoli
segmenti musicali sono naturalmente ascoltabili).
Il gioco, è chiaro,
è solo un pretesto divertente per celebrare il grande compositore,
ma anche un'occasione per tutti di ripassare – o imparare –
alcuni delle più celebri opere da lui prodotte.
A che punto del
Doodle nasce, dunque, la mia riflessione? Si potrebbe pensare che
tutta la simpatica trovata del gigante informatico sia lo spunto,
magari il trampolino per un accorto pensiero sull'importanza della
musica classica o su Beethoven stesso. Ovviamente, data la premessa, non è così: è il solo Inno alla Gioia, posto a
conclusione del rompicapo, che mi ha fatto venire in mente
l'importanza di celebrare, in questo periodo, la
felicità.
Sono certo che i
significati reconditi e la storia del brano nascondano informazioni
fondamentali per comprenderlo appieno – anzi, è probabile che un
salto in biblioteca (o persino su wikipedia, se non si ha tempo) sia
a questo punto almeno d'obbligo – ma lascerò a voi l'indagine e mi
concentrerò solamente sulle banalità che ogni tanto è bene
ricordare.
Questa musica ha certamente una forza intrinseca davvero potente, una sua musicalità che grida forte e chiaro “Viva”. Non saprei dire bene “Viva” cosa, ma forse non ha importanza; anzi, probabilmente si tratta solamente (come se fosse poco) di “Viva” la felicità stessa.
In fondo, in un
periodo come quello che ci si para di fronte, fatto di ricorrenze
religiose e mondane, di pranzi luculliani o malinconiche cene consumate in fretta, di ritrovi tra amici o momenti di ancora più accentuata
solitudine, credo che ciascuno di noi – qualunque sia la sua
condizione – dovrebbe prendersi un attimo per pensare a fondo alla
felicità, alla gioia che quest'opera (molto al di là del suo
sottotesto) canta in modo tanto energico ed emozionante.
Non si tratta di
buonismo, o facili moralismi: non voglio dire “Pensate un po' a chi
non ha le vostre fortune” o “Attenti al vero significato di
quello che festeggiate”. Lo sapete voi cosa significa, dal vostro
punto di vista, il Natale, il Capodanno o semplicemente il periodo di
festività: a me non interessa, né deve interessare.
A tutti, però, e forse
soprattutto a chi ultimamente si è sentito giù di morale, farebbe
bene riflettere un po' sulla gioia: come ci si
arriva, certo, ma ancor di più alla sua incredibile essenza,
potente quanto la musica, comprensibile e accessibile a tutti come
l'emozione convogliata dalle note.
Io ascolto questa epocale
testimonianza musicale e, senza pormi troppe domande, senza cullarmi
in sogni o memorie, senza fingermi più intenditore di quanto non
sia, mi sento un poco smosso – non pervaso, ma contagiato – da
una qualche forma di personale e profonda gioia.
«Non
ho molti motivi per sentirmi felice, ultimamente.»
mi risponderà il più contrito fra di voi.
Beh,
proprio per questo, a te specialmente consiglio di chiudere gli occhi
e ascoltare.
Sono
sicuro, come lo sento in me, che da noi stessi possa partire un
primo, vero - magari momentaneo, ma certamente valido - moto di
felicità.
Scusate
la facile retorica. Come giusto che sia, a questo punto mi coformo anch'io ai dovuti convenevoli: buone feste,
lettori miei.