Sunless Sea
"Il
capitano salì sulla barca. Gli uomini dell'equipaggio erano colmi di
aspettative e paura, due sensazioni che gli erano molto familiari. Anzi,
poteva quasi affermare che si trattava di una combinazione
imprescindibile e necessaria per chi volesse esplorare quel mare oscuro.
L'aspettativa ti teneva vivo, la paura vigile. L'incredibile distesa d'acqua e terrore che che si estendeva là, nel mondo Sotto, non risparmiava nessuno.
Fissò
i suoi uomini, prima di parlare: alcuni di loro non sarebbero mai
tornati a far porto a Londra Caduta. Non era né un presentimento, né una
certezza, ma sapeva abbastanza di quello che li attendeva là fuori per
ritenerlo probabile.
Annunciò
la rotta che avrebbero seguito e disse il nome del luogo maledetto che
avrebbero dovuto raggiungere per conto dell'Ammiragliato. Si sentiva in
cuor suo un poeta dei vecchi tempi, per cui cercò di rintuzzare i loro
animi con le storie di ricchezza e scoperta, ma a poco servì. Era la
necessità a spingerli lontani dalla terra ferma, lo sapeva bene: chi per
soldi, chi per i propri fantasmi del passato, ognuno aveva le sue
motivazioni. Segreti, un'altra valuta di quel mondo sotterraneo.
Sospirò,
vedendoli tornare a lavoro: quantomeno, avrebbero continuato a fare il
loro dovere, finché avessero sentito il motore vibrare e avessero avuto
cibo per mangiare. Provviste e carburante erano adeguati alla missione e
sufficienti a sopperire a qualche imprevisto, ma lo stesso non poteva
dirsi per le eco - la loro maledetta moneta. Con un po' di fortuna
avrebbe concluso qualche affare fortunato e si sarebbe intascato il
bottino necessario a lasciare la sua stanza sul molo. Forse.
Lì, nel mondo Sotto, ogni avventura era un sogno pronto a divenire incubo."
Ho
deciso di inaugurare questa nuova sezione del Blog con la recensione
del videogame che più mi sono divertito a giocare (il poco che sono
riuscito) negli ultimi tempi: Sunless Sea.
Il
titolo in questione, disponibile per PC già da un po' di tempo su
Steam, propone un genere a se stante, atipico, perché unisce molte
meccaniche diverse in una combinazione che a tratti vacilla, ma
sicuramente stupisce e cattura.
Volendo
offrire una definizione, lo si potrebbe classificare come un gioco di
esplorazione e sopravvivenza: si impersona il capitano di una nave e si
muove quest'ultima in un vasto mare, cercando nuovi porti, effettuando
scambi commerciali e acquistando e vendendo beni, con un occhio sempre
attento alle proprie provviste e al carburante necessari ad alimentare
rispettivamente il proprio equipaggio e il proprio motore.
Tuttavia,
sarebbe una descrizione molto limitante. Già, perché - poste queste
semplici premesse - vanno poi illustrate alcune altre meccaniche
peculiari che non si limitano a fare da contorno, ma, anzi!, connotano
ulteriormente il gioco con il loro tocco. Sto parlando del sistema di
collezionamento di oggetti e del loro uso per il dipanamento della trama
e delle altre numerosissime storie, presentate per mezzo di interfacce a
scelta multipla che ricordano molto da vicino i buoni, vecchi
librigame.
Esplorare il "Mare senza sole" non è cosa da poco, né per capitani qualunque.
L'esplorazione di questo mondo (quasi) onirico avviene facendo navigare il proprio battello: la visuale è posta dall'alto, in una prospettiva che ricorda i primissimi GTA, ma che risulta azzeccata per illustrare una mappa costellata di isole, vortici, abissi e luoghi che sfuggono a una semplice denominazione. Tutto, in aggiunta, presentato in una stupenda grafica 2D: disegni di una bellezza unica, capaci di evocare i medesimi paesaggi trasognati descritti nelle numerosissime righe di testo di chiara ispirazione Lovecraftiana.
Ogni porto aprirà una finestra con le zone accessibili. |
Ogni
volta che scopriremo qualcosa otterremo dei "frammenti" che, raggiunta
una certa quantità, diverranno poi "segreti". Questi serviranno, assieme
a una serie di altre risorse - tutte rappresentate da oggetti in nostro
possesso e ottenute come ricompensa per l'avanzamento di certi racconti
- a sbloccare nuove storie o ottenere particolari bonus o incrementi
alle caratteristiche.
Le
statistiche del personaggio (Iron, Mirrors, Veils, Hearts e Pages)
rispecchiano personali abilità al comando della nave e durante le
interazioni sociali tramite le quali verrà deciso l'esito delle nostre
azioni. Le probabilità di successo di una determinata scelta rispetto a
un'altra verranno indicate in percentuale.
Altro importante parametro da tenere d'occhio è il Terrore, il cui valore determina la frequenza e la potenza degli incubi che l'oscurità genera nel nostro alter-ego. Un valore troppo alto può spingere alla follia, con le dovute conseguenze (non ultima la morte del proprio personaggio).
Altro importante parametro da tenere d'occhio è il Terrore, il cui valore determina la frequenza e la potenza degli incubi che l'oscurità genera nel nostro alter-ego. Un valore troppo alto può spingere alla follia, con le dovute conseguenze (non ultima la morte del proprio personaggio).
Trama
Quella
di ogni singolo capitano cambierà in base alle vostre scelte iniziali,
ma l'ambientazione poggia su una base semplice, per quanto assurda e -
forse anche per questo - originale: Londra è precipitata nel sottosuolo,
e non è la prima città ad averlo fatto. In effetti, è la quinta, per
quanto non sia dato sapere che da indizi quali siano le precedenti
quattro.
Il Bazaar, una
sorta di società a metà tra mercato e forza politica, controlla in gran
parte la capitale inglese sotto la guida dei Maestri, esseri certamente
non umani dagli insondabili interessi. Poco della vecchia società è
rimasto.
Una guerra
ormai conclusa tra Inferno e Londra ha portato alla definitiva perdita
della passata gloria e all'adattamento dei nuovi abitanti al clima e ai
terrori del mondo sotterraneo chiamato Neath (che ho tradotto come un
generico e inquietante "Sotto").
Qui,
in un mare privo di sole (da cui Sunless Sea, appunto) prendono vita le
vostre avventure, tra pirati, soldati, burocrati ed esseri antropomorfi
che risiedevano in questo mondo oscuro da prima che Londra cadesse.
Da
notare che l'ambientazione riprende ed espande le storie e le idee
presenti in Fallen London, gioco archetipo di questo e fortunatissimo
browser game dei medesimi sviluppatori (i ragazzi di Fail Better Games).
Punti di Forza
Una colonna sonora straordinaria:
brani degni di una grande produzione, ma semplici ed efficaci. A volte
delicato, a volte inquietante, a volte vivace, il tono musicale si sposa
alla perfezione con le aree che il gioco vi presenta di volta in volta,
provocando forti emozioni in base al tema in sottofondo. Questo effetto
si sviluppa al punto che si può riconoscere il rientro nella zona
limitrofa a Londra Caduta semplicemente ascoltando la ricorrente melodia
delle sue acque pacifiche: una sensazione di sollievo che si estende
dall'udito a noi stessi, certi finalmente di poter trovare un po' di
pace... o forse no?
Uno dei brani del gioco
Ambientazione e Atmosfera:
in molti definiscono questo gioco un miscuglio tra gli inquietanti e
trasognati racconti di Lovecraft e il genere denominato Steampunk (dove
la tecnologia si inserisce prematuramente e in modo anacronistico
all'interno di un mondo solitamente vittoriano e di memoria
ottocentesca), una descrizione abbastanza azzeccata che condivido. Vi è
però di più, di questo. C'è un lavoro sopraffino dietro questo titolo,
uno sforzo descrittivo potente ed evocativo che pretende - a buon
diritto - una classificazione a parte. Non è soltanto la buona prole di
due differenti visioni fantastiche della narrativa, ma più che altro un
universo distopico unico, forte, vivo (complici anche i continui
aggiornamenti), in cui è impossibile non rimanere affascinati da
elementi che, in altri contesti, ci lascerebbero perplessi. Ecco dunque
che la magia nera, i patti con esseri spirituali, il commercio in anime e
le maledizioni di antiche divinità dimenticate si uniscono e si
mescolano a tecnologie superate (e non), strutture e mezzi tanto
fatiscenti quanto impressionanti e armamenti capaci di mettere in campo
un'impressionante potenza di fuoco.
Passare tra due colossali sfingi di pietra è solo una delle molte stranezze che questo mare vi proporrà! |
Testi:
Ispirati,
forti e ben strutturati, talune volte possono apparire sconnessi o un
po' troppo astratti, ma l'ermetismo che li avvolge non fa che aumentare
il bisogno di informazioni e diventa parte integrante della struttura
narrativa del gioco. Dettagli accennati velocemente spesso lasciano
adito a molteplici interpretazioni, permettendo al lettore di spaziare
con la fantasia e di evocare le peggiori (o le migliori) immagini che la
sua mente sia in grado di partorire. Nulla, poi, viene lasciato al caso
o troppo a lungo in sospeso: questo gioco di rimandi, di evocazioni
letterarie e di pause trasmettono alla perfezione il senso sognante
dell'ambientazione, in un continuo succedersi di focus, di piccoli
ingrandimenti che, dopo un certo numero di giorni di navigazione sulle
spalle, restituiscono una sensazione di familiarità e nel contempo di
incompletezza che ci mantiene costantemente curiosi e bramosi di altri
assaggi. Un enorme puzzle che prende poco a poco forma senza mai
costringersi entro bordi definiti.
Punti deboli
Combattimenti:
uno dei talloni di Achille di questo titolo viene a galla piuttosto in
fretta, benché si tratti di un aspetto marginale del gioco, ed è proprio
il sistema di combattimento. Come accennato qualche riga sopra,
l'esplorazione della mappa di gioco è affidata all'uso di una nave con
prospettiva dall'alto. Di quando in quando è possibile incrociare sulla
nostra rotta una nave nemica o un mostro marino che, se illuminato dalla
nostra luce di prua, ci verrà addosso e tenterà di affondarci.
Rispondere a queste minacce col fuoco dei nostri cannoni e con altri
ammenicoli simili non è un'operazione complessa: purché si mantenga il
nemico nel nostro campo visivo, basterà aspettare che l'indicatore di
fuoco sia pronto e si potrà selezionarlo per lanciare la prima bordata.
Volendo, è anche possibile anticipare l'azione e sparare prima che il
segnale sia pronto, pur a scapito della mira.
Per ogni colpo sparato occorrerà aspettare un tempo di raffreddamento minimo e potremo ripetere l'azione. Il danno, infine verrà affidato alle statistiche dei nostri armamenti (ampliabili e rinnovabili durante l'arco del gioco), mentre la nostra salute in mare sarà indicato per mezzo di un valore chiamato "scafo" (hull), che naturalmente dipenderà a sua volta dalla nave in nostro possesso.
Si potrebbe dire che si tratta di un sistema troppo semplicistico, e in effetti lo è (d'altronde, lo ripeto, non si tratta di uno dei punti chiave del gioco), ma in fin dei conti è adeguato a quanto richiesto dal titolo e sufficientemente valido per la prospettiva adottata; purtroppo, non è reso al massimo: i movimenti della nave, tutt'altro che complicati, non permettono però una manovrabilità accellente e la necessità di un'attesa dopo ogni colpo rende difficile poter sfuggire agli attacchi dei propri nemici. Il risultato è che il livello di sfida non è più affidato al singolo combattimento e alle abilità del giocatore, quanto piuttosto all'avanzamento del gioco e al conseguente armamento/difesa del proprio battello. D'altro canto, i nemici "in mare" sono pochi, quindi è facile passare oltre.
Per ogni colpo sparato occorrerà aspettare un tempo di raffreddamento minimo e potremo ripetere l'azione. Il danno, infine verrà affidato alle statistiche dei nostri armamenti (ampliabili e rinnovabili durante l'arco del gioco), mentre la nostra salute in mare sarà indicato per mezzo di un valore chiamato "scafo" (hull), che naturalmente dipenderà a sua volta dalla nave in nostro possesso.
Si potrebbe dire che si tratta di un sistema troppo semplicistico, e in effetti lo è (d'altronde, lo ripeto, non si tratta di uno dei punti chiave del gioco), ma in fin dei conti è adeguato a quanto richiesto dal titolo e sufficientemente valido per la prospettiva adottata; purtroppo, non è reso al massimo: i movimenti della nave, tutt'altro che complicati, non permettono però una manovrabilità accellente e la necessità di un'attesa dopo ogni colpo rende difficile poter sfuggire agli attacchi dei propri nemici. Il risultato è che il livello di sfida non è più affidato al singolo combattimento e alle abilità del giocatore, quanto piuttosto all'avanzamento del gioco e al conseguente armamento/difesa del proprio battello. D'altro canto, i nemici "in mare" sono pochi, quindi è facile passare oltre.
Lento e difficile:
se il primo punto debole è immediatamente visibile dopo i primi minuti
di gioco, il secondo è meno riconoscibile e, forse, anche meno
classificabile come difetto. Occorre infatti giocare abbastanza per
accorgersi di una caratteristica intrinseca del titolo: il ritmo ampio e
controllato. Intendiamoci, molte storie sono racconti al fulmicotone e
dense di adrenalina, ma i viaggi di isola in isola (per quanto si
potenzi il motore dell'imbarcazione) sono per contro lenti e a volte
snervanti. Il bellissimo paesaggio e la scoperta continua delle prime
ore di gioco ovvia a questa problematica, ma dopo alcune partite ci si
assuefà all'ambientazione e questo potente effetto visivo e narrativo
inizierà a perdere mordente. Da quel punto in poi, saranno le
inclinazioni del singolo giocatore a determinare quanto e come questa
peculiarità esiga in termini di pazienza e sforzo. I più avezzi a ritmi
di gioco lenti e misurati non soffriranno affatto del continuo fare
porto in isole già visitate - vuoi per motivi economici quali scambi o
rifornimenti, vuoi per giungere al successivo passaggio di una
determinata storia. Per gli altri, beh, non esistono scorciatoie:
occorrerà mettersi il cuore in pace o prendersi una pausa dal videogame,
per dare nuova potenza all'ammaliamento che questo titolo genera.
In Sunless Sea la morte è dietro l'angolo |
Ho
messo in questo paragrafo anche il "problema" della difficoltà, che
problema non è (ma si trattasse del sottoscritto soltanto, non ci
sarebbe neppure alcun fastidio per la lentezza)... e, tuttavia, per
alcuni è comunque un punto da analizzare prima dell'acquisto. Sunless
Sea non perdona e non è affatto "amichevole"; al contrario: è un gioco
cattivo e punitivo, che premia l'attenzione e la pianificazione sopra
ogni altra cosa. Il coraggio di certe scelte, ad esempio, può produrre
vantaggi quanto svantaggi e se un atto eroico o rischioso dovrebbe
aumentare le nostre ricompense o aprirci parti di storie precluse fino a
quel momento, non è improbabile che lo scotto in caso di sconfitta sia
terribile ed esoso. Spesso, però, esistono altre vie più subdole (o
semplicemente "lente") per raggiungere il medesimo risultato.
Lingua:
Sì, no, beh (scusate l'abbassamento di tono), c'è poco da fare. Il
gioco è ancora (e forse lo sarà per sempre) solo in inglese. Non c'è
molto altro da dire: non si tratta di un registro particolarmente
complesso - per quanto ricco - ma certi paragrafi sono comunque
abbastanza visionari da far perdere il filo ai meno avezzi. Dizionario
alla mano, rimane un'esperienza affrontabile per i molti abituati a un
inglese scolastico, ma non voglio indorare troppo la pillola: è un gioco
che si basa sulla lettura e la comprensione del testo. Pensateci bene
(e siate onesti nel farvi un'autovalutazione), prima di effettuare
l'acquisto.
Tirando le somme
Blaze
***
Pokémon GO: tra critiche e complimenti
È sulla
bocca di tutti, è quasi main-stream parlarne su un blog o su un
forum, quindi potreste domandarvi: perché cedere alla moda anche su
questo spazio web?
È vero,
fino a oggi ho sempre evitato di soffermarmi su argomenti di
attualità che facessero leva su un trend di successo o su mode
multimediali e social, ma questo non vuol dire che io abbia un simile
limite per regola, anzi: la risposta più ovvia che potrei dare al
quesito è che, in primis, non sono affatto un tipo “elitario”,
uno di quelli pronti a snobbare ciò che il resto della popolazione
trova esaltante – anche se spesso si tratta di un'eccitazione
momentanea. No, non è un vanto, è la semplice realtà: non sono né
pro, né contro ciò che interessa le masse, ma come ogni persona
dotata d'intelletto (sì, questa presunzione può essere annoverata
stavolta tra i miei demeriti) so di dover provare un prodotto prima
di poterlo giudicare, o quantomeno di doverne approfondire la
conoscenza per poter poi esprimere un parere. Purtroppo, questa non è
una consuetudine praticata nel globo etereo del www. Quel che è
peggio, sempre più spesso si sciorinano giudizi col tono di chi non
sembra ricordarsi della parola magica “personali”.
Ecco perché
non parlerò granché del gioco in sé: non è lo scopo di questo
breve articolo.
Ciò che
voglio trattare è complesso e banale allo stesso tempo, ma
soprattutto spero non vi offenderà: parlo della mania di svalutare
ciò che si ha di fronte, tacciandolo in modo negativo – e fin qui
nulla da dire – senza però avanzare alcuna critica reale e
costruttiva a sostegno della propria tesi. No, non prendetemi
nemmeno
per un “buonista”, non voglio dar meriti a chi non ne ha... solo
che non mi pare questo il caso. Anzi, non mi pare che si sia fatto
proprio un granché per evidenziare quali siano i pregi di questa
applicazione.
Andiamo per
ordine, prima di ingarbugliare il discorso con un approccio fatto
troppo “di pancia”.
Poche
settimane fa è stato rilasciato in gran parte del globo
l'applicazione per dispositivi mobili “Pokémon GO”, basata sul
noto brand Nintendo che vede i videogiocatori impegnati a catturare e
allenare creature chiamate Pokémon, appunto. Già celebre per le
molte trasposizioni (in primis videoludiche e televisive), la saga
pare intenzionata a conquistare un'ampia fetta di pubblico tra coloro
che possiedono smartphones e tablet proprio grazie al software in
questione – sviluppato da Niantic. Questo ingegnoso programma si
affida a molte utility come il localizzatore gps e la mappatura
globale di Google Maps per permettere a coloro che ne fanno uso di
individuare nell'ambiente circostante i “mostri tascabili” del
marchio nipponico. Il prodotto, però, non si limita a segnalare un
luogo da raggiungere per poter effettuare la cattura, anzi: grazie
alla Realtà Aumentata, la tecnologia attuale permette di
visualizzare sulla telecamera del proprio dispositivo il pokémon di
turno e simulare così il lancio della celebre sfera rossa e bianca,
che ne garantisce la conquista. Gli animali fantastici presi potranno
poi essere potenziati e fatti scontrare con quelli di altre persone,
appositamente lasciati in luoghi di sfida chiamati “palestre”.
Mi fermo qua
con le spiegazioni, per non esagerare con le informazioni che di
certo già conoscerete (e che potrei approfondire, salvo annoiarvi
con discorsi che nemmeno mi interessano, al momento).
Le
dinamiche, però, sono in sostanza queste e per ora si limitano a
poche operazioni. Va precisato subito che una delle critiche più
frequenti risiede proprio qui: la scarsa varietà insita in questo
gameplay... ma va anche fatto notare che, limiti oggettivi a parte,
si tratta pur sempre di un'edizione non completa, fatta uscire sul
mercato prima del suo perfezionamento (al momento della scrittura di
questo articolo siamo alla versione 0.29, mi pare).
Seguiamo la
bussola del mio discorso, però, perché a difenderne i limiti –
sempre che qualcuno voglia farlo – ci penseranno altri. Quello che
mi preme evidenziare sono i vantaggi che accompagnano il prodotto,
soprattutto la sua capacità di sfruttare appieno il potenziale
portable dei cellulari di ultima generazione. Non si tratta di un
pregio da poco, né infatti parliamo della prima applicazione che ne
abbia messo a frutto le dinamiche da hardware “portabile”
(qualcuno ha detto Ingress?). Pensiamoci bene: se si trattasse
semplicemente di un videogame, il cellulare o il tablet (persino gli
ultimi usciti) non potrebbero mai reggere il confronto con le home
console o i PC costruiti appositamente per il gaming, no?
«Ah,
ma io ci gioco dove mi pare!»
potrebbe dire un bastian contrario qualunque. E avrebbe ragione,
perché, nonostante esistano console portatili di ben altro livello
(Nintendo stessa – tanto per citare un caposaldo del mercato –
basa buona fetta del suo mercato di oggigiorno sulle diverse
versioni del DS), la maggior parte delle persone che possono
permettersi di investire qualche centinaio di euro nelle nuove
tecnologie non possiede simili apparecchi, mentre uno smartphone sì.
Sono sicuro che il “casual gamer” abbia fatto la fortuna delle
applicazioni ludiche su playstore e applestore, ma un'altra ragione
sposa questa indissolubile verità e permette a Pokémon GO di avere
un simile, incredibile successo planetario. Il segreto (si fa per
dire) risiede proprio nella sua capacità di mettere in pratica la
massima potenzialità dei dispositivi mobili: la mobilità stessa,
appunto. Andare in giro per le strade della propria città acquista
infatti un flavour particolare, che per alcuni – come il
sottoscritto – ha il sapore nostalgico dell'infanzia e del
divertimento, per altri quello della novità; per tutti, credo,
vince l'idea di utilizzare il cellulare sì, per scopi ludici, ma in un
modo che non sarebbe possibile riprodurre altrimenti (salvo forzature o creazione di
apparecchi appositi... ma la forza di Pokémon GO risiede anche
nell'aver sfruttato qualcosa di preesistente e diffuso come lo
smartphone).
Oltre a
questo, potrei decantare anche gli altri vantaggi, tra cui spicca
certamente il fatto che per “giocare” una persona debba
necessariamente camminare, uscire, visitare luoghi di interesse,
monumenti pubblici, possibilmente stringere amicizie per scambiarsi
informazioni sui luoghi migliori dove effettuare catture e simili. In
quest'ultimo caso, la socializzazione multimediale sfocia nel reale a
un livello che va ben oltre i limiti imposti da Facebook e gli altri media di pari genere.
Certo, il
software è ancora pieno di imprecisioni e le segnalazioni dei luoghi
da visitare sono a volte fuorvianti, certe volte persino ridicole, ma
qui entra in gioco il singolo, la persona che deve saper distinguere
il confine tra gioco e realtà – come quando ci spiegavano da
piccoli che i film in tv non erano cose davvero accadute.
Su questo
fronte – e torno quindi alla mia critica iniziale – una gran
fetta del pubblico del web sembra però non aver ben chiaro il
concetto e addita Pokémon GO come il male sceso in terra: isteria di
massa per una creatura comparsa a Central Park, macchine ferme in
mezzo alle strade, stazioni di polizia invase da cittadini in
cerca di mostriciattoli... alcune cose vere, altre false (ah, la
mancanza di fonti! Quando mai è stato un problema su internet?), ma
tutte rigorosamente commentate, additate, portate a sostegno delle
proprie tesi anti-Pokémon, spesso con risultati persino comici (come
suggerire ai poveri allenatori di “andare a fare un giro, piuttosto
che perdere tempo dietro a quelle cagate per cellulare”, quando di
andare in giro, appunto, già si tratta). (Non ricordo la fonte, ma
tanto non serve, no? :P n.d.B.)
Nella
maggior parte dei casi, credo io, c'è una prospettiva piuttosto
ristretta, una visione che non ha voglia di ampliarsi (perché non
penso si tratti di mancanza di intelletto), che non ritiene doveroso
prendere in esame tutti i presupposti e i pro/contro di questa
applicazione. Non sento esaltarne i pregi, come dicevo, ma solo
parlarne male, tanto che mi viene da pensare si tratti di una moda.
Ovviamente
la compagnia che lo ha prodotto dovrà prestare attenzione alle
segnalazioni, porre le giuste correzioni dove possibile, ma solo il
singolo è responsabile delle proprie azioni e a lui, al massimo,
vanno fatte risalire le critiche e i dubbi che in questo periodo ho
visto sollevarsi.
In fondo,
che male c'è se una persona consuma rapidissimamente la batteria del
suo dispositivo mobile (ecco, un difetto piuttosto evidente, siete
contenti?) per andare a caccia di pokémon? Che colpa ha il gioco se
un cretino lascia la macchina ferma in autostrada (invento, spero non
sia successo davvero) perché il cellulare gli aveva segnato un
mostriciattolo nelle vicinanze? Dareste la colpa all'Ikea se una
delle mensole fornite nell'imballaggio vi cadesse sul piede per la
vostra disattenzione? O alla Algida perché, mangiando troppi
cornetti, vi è venuto il mal di pancia?
Quanto
al pericolo per i bambini: credete veramente che risieda in Pokémon Go e
non nel fatto che l'uso dello smartphone stesso richiede ormai un certo
tipo di educazione al buon consumo? Non sarà ben più a monte, il
problema?
Io credo ci
sia da riflettere, al di là delle mie provocazioni e della retorica,
perché il discorso che sto affrontando in questo ambito è qualcosa
che in realtà potrebbe facilmente spostare il suo focus senza
smettere di avere senso: non è stata la prima e non sarà l'ultima
novità tecnologica a dare voce ai “malparlieri per sport”.
Concludo con
un inciso che, spero, cambierà completamente la vostra prospettiva
dell'articolo: io non gioco, né ho intenzione di giocare, a Pokémon
GO.
Lo dico solo
a fine testo perché mi faceva piacere che pensaste a me come a un
appassionato e sono convinto che, magari, a scoprirlo solo ora
rivedrete parte delle vostre critiche più banali.
Non mi
interessa il gioco in sé, infatti, quanto le persone che parlano
senza cognizione di causa, tanto per dar fiato alla bocca. A costoro
(e solo a costoro: chi muove critiche ragionate ha tutto il mio
rispetto) suggerisco di ricordare il noto aforisma: “A volte è
meglio tacere e sembrare stupidi che aprire bocca e togliere ogni
dubbio. ”
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