[Scusate
la premessa, ma prima di parlare del film sono costretto a criticare
la traduzione del titolo. Lo so, lo so: c'è così tanto da dire
riguardo al modo – tutto nostrano – di cambiare il nome delle
pellicole al cinema che ormai se ne potrebbe fare uno sport; e ri-lo
so, dietro ci sono strategie di pubblicità e marketing per rendere
il prodotto più accessibile e identificabile dalla massa dei
consumatori... però, per le bobine di Hitchcock,
mi spiegate perché è tanto necessario togliere una parola inglese
per poi ficcarcene comunque altre due, seguite da un sottotitolo
italiano? E ri-ri-lo so che “Paradise Beach” chiunque riesce a
tradurlo, mentre “The Shallows” probabilmente non fa emergere
alcun ricordo scolastico, né fa scattare assonanze, cosicché ti
tocca cercartelo su un dizionario (a proposito, in un simile
contesto, il mio dice che si tratta del termine per “acque poco
profonde”, il che ha perfettamente senso), ma accidenti alla
cinepresa di Spielberg! Perché cavolo sostituisci l'inglese con
l'inglese, se tanto poi ci devi mettere un sottotitolo come “Dentro
l'incubo”?
Non
si poteva, come poi si fa di solito in questi casi, lasciare il
titolo originale e legare a quello la nostra “poetica”
evocazione? Non erano abbastanza esplicite le locandine con la
spiaggia in lontananza, il mare caraibico, lo squalo sul fondale e la
bella Blake Lively che surfa poco sopra?
Vabbé,
chiudo qui questo discorso e mi concentro sulla recensione vera e
propria...]
Che dire? Le premesse del film erano piuttosto chiare sin dal trailer, non mi aspettavo chissà cosa... e forse, visto con questo spirito, il film raggiunge pienamente il suo scopo. Non ha la pretesa di porsi a paragone coi grandi colossal che lo hanno preceduto nel trattare il medesimo argomento; nessun confronto, quindi, o almeno nessun guanto di sfida allo “Squalo” o ai suoi sequel, magari giusto un tentativo di svecchiamento rispetto al glorioso passato e una presa di distanza dalle malecopie che hanno affastellato il cinema negli ultimi tempi. Stop. Per il resto, ciò che si percepisce è un puro intento ricreativo. Ora, io non so se dietro al semplice intrattenimento, il regista Jaume Collet-Serra e lo sceneggiatore Anthony Jaswinski avessero pensato di nascondere una qualche morale di fondo, una magari sull'importanza del rispetto della vita e il bisogno di lottare, ma non lo credo. Sì, magari ci sono due o tre riferimenti alla catastrofe portata dall'uomo in luoghi incontaminati, o al fatto che arrendersi equivale a lasciar morire il proprio vero io e le proprie naturali inclinazioni. È persino chiaro l'intento, un po' forzoso, di inspessire la trama di un significato più profondo, quello di un viaggio verso la scoperta di se stessi e della propria forza interiore... tuttavia, l'intento primario rimane preponderante: divertire, alzare la tensione, regalare un po' di emozioni forti a buon prezzo e, perché no?, strappare qualche sorriso nel vedere la protagonista trovare il coraggio per affrontare la sua (improvvisa) nemesi.
La
trama è particolarmente lineare, fuori e dentro il sottotesto: una
ragazza in cerca di una risposta su cosa fare della propria vita
abbandona gli studi di medicina dopo la morte della propria madre,
avvenuta a causa di un brutto male. Rivisitando i posti in cui
quest'ultima era stata durante la sua gravidanza, ritrova la spiaggia
spesso vista nelle foto di casa: un luogo splendido e disabitato dove
lei era solita fare surf. Guarda caso, anche alla protagonista piace
farlo. Rimasta sola in quel mare, prima di poter tornare a riva a
riposarsi, la ragazza viene attaccata da un enorme squalo ed è
costretta a rifugiarsi su alcuni faraglioni – o scogli, non è dato
saperlo – in attesa di qualche soccorso. Solo che, come detto, si
tratta di un luogo sconosciuto ai più... e via con la classica lotta
per la sopravvivenza!
Apprezzabile
la ridotta presenza di jump scare, spesso abusati in questo genere di
film, a favore di una ben più proficua tensione
narrativa,
così come la recitazione della protagonista e la fotografia (anche
se, visto il paesaggio prescelto, credo sarebbe stato davvero
impensabile sbagliare proprio quest'ultima). Buona anche la regia e
intrigante quanto basta la storia, nonostante qualche banalità e più
di una situazione al limite del credibile. Il tutto, comunque, è
compresso in un tempo accettabile: la durata del film, infatti,
arriva a malapena all'ora e mezza.
Insomma,
sarò onesto: sono andato a vedere The Shallows aspettandomi una
cagata pazzesca e, nel suo essere comunque un prodotto sopra le
righe, alla fine sono stato piacevolmente accontentato. Potrebbe
valere la sua visione al cinema per la buona dose di effetti
speciali
usati per rendere credibile
lo squalo
(davvero ben fatto) e per il clima buio e silenzioso della sala,
particolarmente adatto alla pellicola... ma da qui a consigliare il
biglietto ne passa di acqua sotto la tavola da surf!