lunedì 27 aprile 2015

Una poesia in più: Il gioco dell'essere umani

Tiro di scherma con versi e con parole,
in cerca di cosa proprio non saprei dire,
eppure ricordo, e la memoria mi duole.
È un caos sparpagliato che devo riunire.

Penso a com'era, quand'era ieri,
che il mondo sapevo semplificare
e cancellava i pensieri più neri
saper cosa dire e saper cosa fare.

Che fosse vero non ha importanza,
perché ci credevo e tanto bastava;
ma un colpo storto svuota la stanza
delle speranze di chi lì le serbava.

La morte, certo, non è un vento clemente,
porta disordine quando toglie qualcosa,
ma trova spazio nel marasma silente
la vecchia foto che ancor vi riposa.

Non basta l'amore a togliere tutto,
nemmeno quello che sapevi vero,
una delusione non tinge del brutto
il bello invisibile di ciò che già ero.

Non bastan gli amici col loro abbandono,
a cantare la fine di ogni speranza,
non basta il ricordo nascosto in un dono,
non basta il vuoto di questa stanza.

Le urla che non ho, le lacrime invisibili,
i "ciao" senza pensiero, talvolta feroci,
le storie nascoste da maschere credibili...
sono questi i chiodi sulle nostre croci.

Rimango sordo ai tumori del mondo,
alle malattie, alle vite spente per caso.
Ignoro il ruotare di questo piccolo tondo,
ignoro un male reale che ho sotto il naso.

In questo essere umani, che pare un gioco,
non comprendo nessuno, non sembra vero.
Rimpolpo le fila di chi perde con poco:
È questo il fardello, il mio grido più nero.

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