martedì 19 dicembre 2017

Lo sfogo privo di pretese

Nessuno mi costringe a cantare una canzone,
ma tutti mi voglion dire come devo fare
a darle ritmo, a darle parole nette e chiare,
a far di tutto il testo un'unica emozione.

Ma secondo voi, quanto mai potrai fregarmi
di lasciare indietro note, pensiero e rima
e guardar al giusto modo per far prima
nel cercare qualche editore a cui legarmi?

No, va bene che oggigiorno basta il pretesto,
basta scrivere un pensiero sul proprio cellulare,
basta reinventare la metafora della vita come mare;
insomma: metter su due righe e fare un testo,

per dirsi bardi e cantori di questa nuova era,
inaugurata da un biglietto con un bel aforisma
- poeti di carta che hanno il numero della risma
ma non la forza della parola crespa e vera.

Cosa volete che sia, per me, il far poesia?
Non lo vedete che si tratta di un capriccio?
Perché dal vivo non parlo, mi chiudo a riccio
e do voce alla penna, che vince ogni afasia.

Eh, no! Ma quale intento pedagogico!
Non è che scrivo per farmi sentire,
'ché di altri a me mancano le mire
di far illustre uno sfogo fisiologico;

scrivo per un'esigenza primordiale
- e pazienza se il messaggio viene lungo!
Che anche se non piace io la mungo
quest'esperienza meta-psico-sensoriale.

Avrei dovuto smettere di scrivere da un po'?
I neologismi sono per i poeti navigati?
Mi dispiace, son tra i meno fortunati
e persino la rima si trasforma in un ohibò!

Ma che vuoi farci? Queste son le stonature!
Troppi scarabocchi e brutture per fare festa
per chi si auto-invita nella mia testa
e vuol dettar legge e le proprie posature.

A te che sei rimasto anche alla fine del baccano,
offro un bicchiere della mia migliore ispirazione.
È vero, c'è il sentore di una brutta delusione,
ma la corposità di un sogno che va gustato piano.

Resta ancora, se ti va, tienimi pure compagnia.
Spizzica quel testo, l'ho fatto senza istruzioni.
È raro e pregiato: sono speranze, non illusioni.
Non preoccuparti, offro io. Benvenuto a casa mia.





 

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