mercoledì 10 luglio 2019

BlogScreen: Toy Story 4



Per i fan di vecchia data, la pellicola in questione è stata caratterizzata sin da principio da una forte dicotomia: da una parte c’era la nostalgia per il titolo, mentre dall'altra la convinzione che una conclusione degna (e, a costo di risultare ridondante, realmente definitiva) fosse già stata raggiunta col terzo capitolo.

Io sono di bocca buona, tutto sommato non mi faccio grossi problemi se un brand sforna nuovi episodi e una storia apparentemente già in pace viene rimescolata un po’ - in fondo, se il film mi piace, poco mi cale di cascare in operazioni di marketing. Ciò detto, per una volta mi tocca contraddirmi: mi sono genuinamente divertito a vedere le nuove vicende di Woody & Co., tuttavia, pur non avendo registrato particolari cali di interesse durante la proiezione, devo ammettere che questo ulteriore finale non riesce a scalzare dal podio il pathos del film precedente e, conseguentemente, non riduce di una virgola lo spessore del suo “The End”.

Insomma, Toy Story 4 è un film piacevole di cui, però, non si sentiva davvero il bisogno. Ho visto che in molti hanno voluto precisare che, sì, il terzo ha una carica emotiva superiore, ma questa conclusione è più azzeccata, perché chiude i discorsi in sospeso e chiosa il ciclo narrativo del suo protagonista, Woody. Io dissento: altri film possono benissimo nascere dai presupposti gettati una volta giunti ai titoli di coda. Non sono, quindi, convinto che si tratti dell’ultimo sforzo della Pixar verso questa saga: si potrebbe tranquillamente immaginare un piccolo spostamento di focus e le vicende dei nostri giocattoli preferiti continuerebbero a far divertire. In un certo senso, questo film ne è la dimostrazione lampante, dato il ritorno (decisamente forzato) di alcune vecchie conoscenze. Non ci sarebbe nemmeno nulla di male, tanto per essere chiari.

La trama, per dar a questa recensione la parvenza di essere composta secondo i giusti crismi, per come la vedo io è abbastanza originale e articolata: Woody soffre il fatto di non essere il giocattolo preferito della bambina a cui è stato affidato, ma lotta per garantirle il massimo del benessere durante la difficile fase di transizione da casa ad asilo. In tutto ciò, anche grazie ad alcuni espedienti narrativi interessanti (anche se non sempre innovativi), riscopre il ruolo che i “balocchi per bambini” dovrebbero avere e ottiene maggiore consapevolezza di se stesso e di ciò che desidera realmente.

Quasi un racconto di formazione, non fosse per il forte background che accompagna il protagonista (già "adulto") e la necessità di semplificare la formula narrativa della presa di coscienza.

Le avventure sono rocambolesche e spassose, le battute non eccessive (l’umorismo batte maggiormente sulla caratterizzazione dei personaggi e sulle situazioni al limite del ridicolo, cosa che poi è sempre stata la cifra stilistica della serie) e l’intreccio non privo di mordente.
In definitiva, un film riuscito, molto piacevole anche visivamente: la Pixar ha saputo migliorare le animazioni senza snaturarleConsigliato, insomma, ma non imprescindibile. Il picco lo avete visto in Toy Story 3.

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